78. Ciò che ho imparato dall’essere sollevato dal mio incarico

di Roberto, Stati Uniti

La parola di Dio dice: “Non si può cambiare la propria indole; ci si deve sottoporre al giudizio e al castigo, alla sofferenza e all’affinamento delle parole di Dio, oppure si deve essere trattati, disciplinati e potati dalle Sue parole. Solo allora si potranno conseguire l’obbedienza e la devozione a Dio, e si smetterà di essere superficiali nei Suoi confronti. È grazie al raffinamento delle parole di Dio che l’indole degli uomini si trasforma. Solo attraverso lo smascheramento, il giudizio, la disciplina e il trattamento delle Sue parole non oseranno più agire d’impulso e diventeranno calmi e composti. La cosa più importante è riuscire a sottomettersi alle parole attuali di Dio e alla Sua opera anche se non è in linea con le nozioni umane, riuscire a mettere da parte tali nozioni e sottomettersi di buon grado(La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Le persone la cui indole è cambiata sono coloro che sono entrati nella realtà delle parole di Dio”). Le parole di Dio sono molto concrete. Solo venendo giudicati, castigati, trattati e potati dalle parole di Dio possiamo cambiare la nostra indole satanica e conquistare l’obbedienza e la fedeltà a Dio. In passato svolgevo i miei doveri con indole corrotta, sempre impegnato a proteggere la mia reputazione e il mio prestigio. Dopo essere stato sollevato dal mio incarico, attraverso il giudizio e la rivelazione delle parole di Dio ho acquisito conoscenza della mia indole corrotta. Nel rimorso ho provato disprezzo per me stesso, e quando mi è stato assegnato un altro dovere mi sono comportato meglio.

Lo scorso agosto sono stato nominato leader della chiesa, responsabile del lavoro della chiesa insieme ad alcuni altri fratelli e sorelle. Seguivo principalmente il lavoro di irrigazione, e prendevo parte al processo decisionale riguardante i progetti della chiesa. Ci eravamo divisi le responsabilità, ma sapevo che il lavoro della chiesa è un tutt’uno e che dovevo cooperare con i fratelli e le sorelle per tutelare gli interessi della chiesa e svolgere bene i miei doveri. All’inizio ero molto attento durante le riunioni settimanali. Partecipavo attivamente alla discussione e facevo delle proposte. Poi, un giorno di ottobre, per poco l’irrigazione dei neofiti non ha subito un ritardo perché non avevo concretizzato in tempo le decisioni prese. I superiori mi hanno potato e trattato severamente. Ho pensato: “Dato che si è verificato un problema nel lavoro di cui mi occupo, sono stato io a subire il trattamento. Se insorgessero altri problemi, i leader mi vedrebbero per ciò che sono e direbbero che sono incapace di svolgere lavoro concreto, e verrei sollevato dall’incarico. Come potrei allora ripresentarmi? Chi mi ammirerebbe? No, devo impegnarmi di più nel lavoro di cui sono responsabile, basta con gli errori”.

Dopo un po’ l’ambito delle mie responsabilità si è allargato. Poiché non ero bravo in alcune cose avrei dovuto dedicare molto tempo a imparare i principi che le riguardavano, ma le cose su cui confrontarsi e prendere una decisione in ogni riunione tra collaboratori erano così tante che andava via moltissimo tempo. Mi sono chiesto se con l’andare del tempo la cosa potesse avere ripercussioni sul lavoro di cui ero responsabile. Di sicuro se il lavoro di cui ero responsabile non fosse stato svolto in modo efficace e fossero insorti più problemi sarei stato sollevato dall’incarico, e allora cosa avrebbero pensato gli altri di me? C’erano altre persone si occupavano di altri progetti della chiesa. Anche loro magari avevano delle discussioni, ma io avevo molto lavoro. E poi, se portavano o meno a termine il loro lavoro non mi riguardava e non mi avrebbe procurato alcun merito, mentre ero direttamente responsabile di eventuali problemi nel mio ambito, perciò era meglio che mi occupassi solo delle cose di cui ero responsabile. Da quel momento ho profuso più tempo e impegno nel lavoro principale di cui ero responsabile, mentre gli altri lavori per me erano solo un peso. Quando si presentava la necessità di discutere e prendere decisioni sul lavoro della chiesa mi limitavo a esprimermi su tutto ciò che riguardava il mio lavoro, ma al di là di questo mi occupavo solo dei miei compiti, lasciando perdere tutto il resto. Non ascoltavo attentamente durante le discussioni, e quando era necessaria la mia opinione o decisione mi adeguavo a quanto stabilito dagli altri. Quando c’era urgente bisogno di discutere e prendere una decisione, non appena vedevo che la cosa non aveva a che fare con il mio dovere me ne disinteressavo e agivo con indifferenza.

Trascorso un po’ di tempo, i fratelli e sorelle sono venuti a dirmi più volte di essere stati trattati dai leader perché alcune questioni non erano state affrontate nel modo giusto e che il personale non era organizzato in linea con i principi, per cui erano avvenute delle perdite nel lavoro della chiesa. Sebbene alcune questioni richiedessero la decisione e il benestare di tutti, non erano state gestite correttamente e questo aveva avuto ripercussioni dannose sugli interessi della chiesa. E poi non si era provveduto in modo soddisfacente all’acquisto di beni per la chiesa, il che aveva comportato una perdita di denaro della chiesa. Questo genere di cose accadeva di continuo. Ho pensato che fosse un bene che nel mio lavoro non ci fossero problemi gravi e che, quando un leader avesse indagato per scoprire chi fosse il colpevole, la colpa non sarebbe ricaduta su di me. Questo è l’atteggiamento irresponsabile che ho avuto verso il mio dovere per un bel po’ di tempo, senza vederci nulla di male. Un giorno, una sorella con cui lavoravo ha detto che non avevo a cuore il mio dovere e non pensavo al quadro d’insieme, che prestavo attenzione solo al mio lavoro senza prendere parte alle decisioni. Ha detto che era pericoloso e che, se non avessi invertito la rotta, prima o poi Dio mi avrebbe scacciato. Secondo lei dovevo riflettere a fondo sul mio atteggiamento verso il mio dovere. Ma anche dopo la sua condivisione ho continuato a non riflettere su me stesso. Anzi, ho pensato: “Non hai visto quanto soffro? È dura fare bene questo lavoro. Se si verificasse un problema nel lavoro di cui sono responsabile la colpa sarebbe mia, e cosa penserebbero gli altri di me? Che sono un’incapace e non so svolgere lavoro concreto. Per di più, questi altri lavori non hanno dei responsabili? La mia partecipazione a quelle decisioni non ha alcuna rilevanza”. Così, ero sempre negligente e irresponsabile nei confronti del lavoro della chiesa, e non riflettevo né cercavo di conoscere me stesso.

Nel gennaio del 2021, una leader è venuta a dirmi: “I fratelli e sorelle dicono che non ti assumi il fardello del tuo dovere, che durante le discussioni raramente esprimi il tuo punto di vista, non proponi dei suggerimenti rilevanti e non ti assumi la minima responsabilità verso il lavoro della chiesa. Non sei adatto al ruolo di leader. Se ne è discusso, e si è deciso all’unanimità di sollevarti dall’incarico”. A quelle parole mi sono sentito stordito, sull’orlo del collasso. Mi sono detto: “Non ho partecipato molto al lavoro generale della chiesa, ma ero così preso ogni giorno dalle mie responsabilità e ho sofferto così tanto. Come fate a dire che non me ne assumo il fardello? Non basta che abbia portato a termine il mio lavoro senza problemi?” Sulle prime non ho accettato quella conseguenza, senza tuttavia dubitare del fatto che tutto ciò che Dio fa è buono e che io non ne ero ancora consapevole. Ho pregato Dio e cercato la Sua guida per poter riflettere e conoscere me stesso.

Più tardi ho visto un passo delle Sue parole che mi ha davvero commosso. Dio Onnipotente dice: “La coscienza e la ragione dovrebbero essere le componenti dell’umanità di una persona. Sono entrambe le cose più fondamentali e della massima importanza. Che razza di persona è un individuo che manca di coscienza e che non ha la ragione dell’umanità normale? In generale, è una persona che manca di umanità, che possiede un’umanità estremamente scarsa. In dettaglio, quali manifestazioni di umanità carente mostra questa persona? Proviamo ad analizzare quali caratteristiche possiedono persone del genere e quali manifestazioni specifiche presentano. (Sono egoiste e meschine.) Le persone egoiste e meschine sono superficiali nelle loro azioni, e non si lasciano coinvolgere da nulla che non le interessi personalmente. Non considerano gli interessi della casa di Dio, né mostrano rispetto per la Sua volontà. Non si assumono mai il fardello di assolvere il loro dovere o testimoniare per Dio, e non hanno alcun senso di responsabilità. A che cosa pensano quando fanno qualcosa? La loro prima riflessione è: ‘Se io faccio questa cosa, Dio lo saprà? Risulta visibile agli altri? Se gli altri non vedono che io ci metto tutto questo impegno e mi adopero con dedizione e, se nemmeno Dio lo vede, non serve a niente che io ci metta tale impegno e che ne soffra’. Questo non è forse estremamente egoista? Ed è anche un’intenzione assai meschina. Quando tali persone pensano e agiscono in questo modo, la loro coscienza svolge forse qualche ruolo? Forse la coscienza rimorde loro in questo? No, la loro coscienza non svolge alcun ruolo e non ha nessun rimorso. Vi sono persone che non si assumono alcuna responsabilità, indipendentemente dal dovere che svolgono. E non riferiscono tempestivamente ai loro superiori dei problemi che scoprono. Quando vedono gli altri essere d’intralcio e di disturbo, chiudono un occhio. Quando vedono qualcuno di malvagio compiere il male, non cercano di fermarlo. Non proteggono gli interessi della casa di Dio, né si preoccupano di sapere quale sia il loro dovere e la loro responsabilità. Nel compiere il loro dovere, persone simili non svolgono alcun lavoro reale; sono compiacenti e bramose di comodità; parlano e agiscono solo per la loro vanità, la loro reputazione, il loro prestigio e i loro interessi, e sono disposti a dedicare tempo e sforzi solo a cose che procurano loro un tornaconto. A tutti è chiaro come agiscano e che intenzioni abbiano persone del genere: spuntano fuori ovunque vi sia l’occasione di mostrare il loro volto o di ricevere qualche benedizione. Quando, però, non vi è occasione di mostrare il loro volto o non appena vi è un momento di sofferenza, scompaiono alla vista come una tartaruga che ritrae il capo. Una persona del genere possiede forse coscienza e ragione? (No.) Una persona priva di coscienza e di ragione che si comporta in questo modo prova riprovazione per se stessa? Simili persone non posseggono senso di riprovazione per sé stesse; la loro coscienza non serve ad alcuno scopo. Non hanno mai avvertito alcun rimprovero dalla loro coscienza. Allora, possono forse percepire la riprovazione e la disciplina dello Spirito Santo? No, non possono(La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Dando il proprio cuore a Dio si può ottenere la verità”). Ho sentito le parole di Dio trafiggermi il cuore. Ero esattamente la persona che Egli aveva descritto. Ero stato disattento e negligente verso il mio dovere, incurante di tutto quanto si trovasse al di fuori delle mie responsabilità, preoccupandomi solo del mio lavoro. Avevo pensato soltanto a soddisfare il mio desiderio di reputazione e prestigio. Non avevo affatto salvaguardato il lavoro della chiesa. Per tutto quel tempo, nei momenti in cui tutti discutevamo insieme per prendere decisioni, ero stato convinto che qualsiasi risultato di cui non ero responsabile non mi avrebbe arrecato merito, e che se quelle cose fossero state gestite male la colpa non sarebbe ricaduta su di me. Quindi, quando avevo potuto evitarlo, non avevo preso parte attiva e avevo agito meccanicamente, accodandomi agli altri. Ero stato negligente e irresponsabile. Ero stato molto diligente e solerte nel mio ambito di lavoro, per paura di essere potato e trattato in seguito a un problema o di essere sollevato dall’incarico e perdere la faccia. Volendo solo svolgere bene il mio lavoro e mantenere il mio prestigio e la mia immagine pubblica, avevo considerato il processo decisionale una seccatura e una perdita di tempo, un intralcio allo svolgimento del mio lavoro. Riflettendo sul mio comportamento, ho visto che avevo svolto il mio dovere con il solo intento di soddisfare me stesso, e lo stesso si poteva dire di tutta la sofferenza che avevo provato. Non mi ero assunto alcun fardello né senso di responsabilità per tutelare il lavoro generale o gli interessi della chiesa. Non ero forse privo di umanità? Ero del tutto indegno di un lavoro così importante. Allora ho accettato pienamente la mia rimozione dall’incarico. Ero consapevole che le mie azioni non fossero state in linea con la volontà di Dio, ma ancora non comprendevo la mia natura e non sapevo perché non mi fossi assunto il fardello del mio dovere, perché mi fossi fissato sulla reputazione e il prestigio trascurando completamente gli interessi della chiesa. Poi ho portato questo problema davanti a Dio, chiedendoGli di mostrarmi la radice e l’essenza del mio problema nonché la mia indole satanica, in modo da poter odiare me stesso dal profondo del cuore.

Dopo, ho letto un passo delle parole di Dio. Dio Onnipotente dice: “Gli anticristi sono privi di coscienza, di ragionevolezza e di umanità. Non solo non provano alcuna vergogna, ma hanno anche un altro segno distintivo: sono estremamente egoisti e meschini. Non è difficile comprendere il senso letterale del loro ‘egoismo’ e della loro ‘meschinità’: sono ciechi a tutto tranne che ai loro interessi personali. Tutto ciò che riguarda i loro interessi personali è al pieno centro della loro attenzione, e per esso sono disposti a soffrire, a pagare un prezzo, a impegnarsi e a dedicarsi. Invece, trascurano e chiudono un occhio su tutto ciò che non riguarda i loro interessi personali; gli altri possono fare quello che vogliono, agli anticristi non importa che qualcuno sia causa di intralcio o di disturbo e, ai loro occhi, questo non li riguarda minimamente. Detto con tatto, si occupano dei loro affari. Ma è più preciso affermare che simili individui sono vili, sordidi, miserabili; li definiamo ‘egoisti e vili’. In che modo si manifestano l’egoismo e la bassezza degli anticristi? In ogni situazione vantaggiosa per il loro prestigio o per la loro reputazione, si sforzano di fare o dire qualsiasi cosa sia necessaria, e sopportano volentieri qualunque sofferenza. Quando invece si tratta di un lavoro ordinato dalla casa di Dio o che giova alla crescita nella vita del popolo eletto di Dio, lo ignorano completamente. Anche quando dei malfattori intralciano, disturbano e commettono ogni tipo di male, e di conseguenza influenzano gravemente l’opera della chiesa, essi rimangono impassibili e non se ne preoccupano, come se questo non avesse nulla a che fare con loro. E, se qualcuno scopre e riferisce le malvagità compiute da un malfattore, affermano di non aver visto nulla e fingono ignoranza. Ma se qualcuno li denuncia e smaschera il fatto che non svolgono lavoro concreto, che perseguono solo la reputazione e il prestigio, costoro vedono rosso. Convocano in fretta riunioni per discutere su come rispondere, intraprendono indagini su chi abbia agito alle loro spalle, chi dirigesse le operazioni, chi fosse coinvolto. Non riescono a mangiare né a dormire finché non sono andati a fondo della questione e non la risolvono completamente; a volte sono contenti solo dopo aver eliminato tutti coloro che li hanno segnalati. Questa è la manifestazione dell’egoismo e della bassezza, non è così? Stanno forse svolgendo l’opera della chiesa? Stanno agendo per il proprio potere e prestigio, puro e semplice. Stanno conducendo un’operazione personale. Indipendentemente dal lavoro che intraprendono, le persone che sono anticristi non tengono mai in minima considerazione gli interessi della casa di Dio. Si preoccupano soltanto se i loro interessi saranno colpiti, pensano solo a quel poco di lavoro che devono svolgere e che va a loro vantaggio. Per loro, il lavoro principale della chiesa è solo qualcosa di cui occuparsi nel tempo libero. Non lo prendono affatto sul serio. Si mobilitano solo quando vengono spinti all’azione, si limitano a ciò che piace loro fare, e lavorano solamente allo scopo di mantenere il proprio prestigio e il proprio potere. Ai loro occhi, qualsiasi lavoro organizzato dalla casa di Dio, l’opera di diffusione del Vangelo e l’ingresso nella vita dei prescelti di Dio non hanno importanza. A prescindere da quali difficoltà abbiano gli altri nel loro lavoro, quali problemi abbiano riscontrato e riferito loro, quanto siano sincere le parole degli altri, gli anticristi non vi prestano alcuna attenzione, non si lasciano coinvolgere, è come se questo non avesse nulla a che fare con loro. Indipendentemente da quanto seri siano i problemi che emergono dal lavoro della chiesa, essi sono del tutto indifferenti. Anche quando il problema è proprio sotto i loro occhi, si limitano ad affrontarlo in modo superficiale. Solo quando vengono trattati direttamente dal Supremo e viene loro ordinato di risolvere un problema, svolgono a malincuore un po’ di lavoro reale e forniscono al Supremo un risultato visibile; subito dopo, ritornano ai loro affari. Nei confronti dell’opera della chiesa e delle cose rilevanti nel contesto generale, sono disinteressati, noncuranti. Ignorano persino i problemi che scoprono, forniscono risposte evasive o liquidano con qualche parola chi pone loro domande in merito ai problemi, e li affrontano soltanto con grande riluttanza. Questa è la manifestazione dell’egoismo e della bassezza, non è così?(La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Quarto excursus – Riepilogo del carattere degli anticristi e dell’essenza della loro indole (Parte prima)”). Le parole di Dio mi hanno trafitto il cuore. Gli anticristi lavorano solo per la reputazione e si applicano solamente in ciò che riguarda i loro interessi, cosa per cui sono in grado di soffrire e su cui investono tutte le loro energie. Trascurano tutto ciò che non reca loro beneficio. Sono estremamente egoisti e spregevoli. Mi ero comportato esattamente da anticristo, lavorando solo per la mia reputazione e il mio prestigio. “Lascia che le cose vadano avanti da sole se non ti riguardano personalmente” e “Meno fastidi ci sono e meglio è” erano le filosofie sataniche che avevo seguito. Avevo prestato attenzione solo al lavoro di cui ero responsabile, al lavoro che poteva avere un impatto sulla mia reputazione e il mio prestigio, ignorando il lavoro che non rientrava nel mio ambito di responsabilità. Questo aveva comportato gravi perdite per il lavoro e il denaro della chiesa. Mi sono reso conto di essere stato un immorale egoista, egocentrico e spregevole e di non essere degno di fiducia. Ripensando a quel periodo, mi sono ricordato che quando era sorta una serie di problemi nel lavoro della chiesa i leader avevano trattato gli altri fratelli e sorelle per non avere svolto bene il loro compito. Non avevano criticato me direttamente, sebbene anche io fossi un leader della chiesa e non potessi sottrarmi alla mia responsabilità. Se avessi diligentemente partecipato alle discussioni sul lavoro, forse avrei potuto scoprire alcuni dei problemi. Ma l’unica cosa che mi premeva era conservare la reputazione e il prestigio, e mi ero occupato solo delle cose di cui ero responsabile senza tutelare affatto il lavoro generale o gli interessi della chiesa. Vedendo le varie trasgressioni nel mio dovere e le perdite irreparabili che avevo causato al lavoro della chiesa, sono stato sopraffatto dal senso di colpa. Dio mi aveva esaltato e concesso la Sua grazia, permettendomi di svolgere un dovere così importante e dandomi la possibilità di affinarmi e comprendere la verità più rapidamente. Avevo goduto dell’irrigazione e del nutrimento delle parole di Dio per molti anni, eppure ero stato ingrato, non avevo voluto compiere bene il mio dovere né ripagare l’amore di Dio. Avevo pensato solo a proteggere la mia immagine, il mio prestigio e il mio orticello per evitare di essere trattato. Ero stato negligente e irresponsabile nello svolgere quell’importante lavoro, e non ero intervenuto mentre venivano compromessi gli interessi e il lavoro della chiesa. Ero stato indifferente e privo del benché minimo barlume di coscienza. Come potevo essere considerato umano? Quando una famiglia nutre un cane, questi le resta fedele. Io ero decisamente peggio di un animale. Più ci pensavo, più mi sentivo indegno di godere della grazia di Dio. Allora ho pregato davanti a Lui: “Dio, nello svolgere il mio dovere ho preso in considerazione solo la mia reputazione e il mio prestigio, senza tutelare in alcun modo il lavoro della chiesa. Sono stato privo di umanità, egoista ed egocentrico. Il mio sollevamento dall’incarico è dovuto alla Tua giustizia, anzi, per meglio dire, è il Tuo amore e la Tua salvezza. Sono pronto a pentirmi”.

In seguito, ho letto un passo delle parole di Dio: “Qual è il parametro in base al quale le azioni e il comportamento di una persona vengono giudicate buone o cattive? È il fatto che una persona, nei suoi pensieri, nelle sue espressioni e nelle sue azioni, possieda oppure no la testimonianza di aver messo in pratica la verità e di vivere la verità realtà. Se non hai questa realtà o non la vivi, sei senza dubbio un malfattore. Dio come ritiene i malfattori? Per Dio, i tuoi pensieri e i tuoi atti esteriori non Gli rendono testimonianza, né umiliano e sconfiggono Satana; invece gettano vergogna su di Lui, e sono cosparsi di segni del disonore che Gli hai recato. Non stai testimoniando Dio, non ti adoperi per Lui, né adempi alle tue responsabilità e ai tuoi obblighi verso Dio; invece, agisci nel tuo interesse. Cosa significa ‘nel tuo interesse’? Se vogliamo essere precisi, significa nell’interesse di Satana. Pertanto, alla fine, Dio dirà: ‘Allontanatevi da Me, malfattori!’ Agli occhi di Dio, le tue non saranno considerate buone azioni, ma cattive azioni. Non solo non otterranno l’approvazione di Dio, ma verranno anche condannate. Cosa spera di ottenere qualcuno con una simile fede in Dio? In definitiva, una fede di questo tipo non risulterebbe inutile?(La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Libertà e liberazione si possono guadagnare solo eliminando la propria indole corrotta”). Dalle parole di Dio, ho compreso che la Sua indole è giusta e non tollera offesa. Egli scruta nel profondo del cuore degli uomini, e se questi compiono i loro doveri non al fine di soddisfarLo, se mancano della testimonianza della pratica della verità, se soddisfano solo sé stessi da ogni punto di vista e perseguono la reputazione e il prestigio, non riscuotono la Sua lode. Per quanto ci si sacrifichi, Dio non commemora tale sacrificio, anzi si è condannati da Lui come persone malvagie. Avevo svolto il mio dovere con le intenzioni sbagliate, non al fine di soddisfare Dio, bensì di gestire un’impresa personale. Avevo voluto soffrire e spendermi per il lavoro di cui ero responsabile, ma solo per proteggere il mio prestigio e la mia reputazione agli occhi degli altri. Volevo essere ammirato perché davo l’impressione di soffrire e lavorare sodo, per guadagnare la lode degli altri e un posto nel loro cuore. Poter prestare servizio come leader e avere la possibilità di affinarmi era una grazia di Dio. I leader sono responsabili del lavoro complessivo della chiesa, e ci sono molti problemi, difficoltà e questioni da risolvere. A tale scopo è necessario ricercare molto la verità e i principi. I leader commettono errori nel lavoro ed è possibile che siano potati o trattati, ma se dedicano una costante revisione, correzione e riflessione otterranno molto. È tutta conoscenza concreta, che si tratti dell’indole giusta di Dio o della loro indole corrotta. Dio permette alle persone di acquisire la verità attraverso il compimento di un dovere, ma io non stavo tenendo conto della volontà di Dio né prendendo sul serio il mio dovere. Lo stavo trattando come un inconveniente, perdendo innumerevoli opportunità di acquisire la verità. Come avevo svolto il mio dovere se non mi ero assunto responsabilità, non avevo collaborato con gli altri e mi ero disinteressato delle decisioni e della supervisione nello svolgimento di un incarico così importante? Stavo ingannando e tradendo Dio. Stavo compiendo il male!

In seguito ho letto un passo dalle parole di Dio: “Per tutti quelli che compiono un dovere, indipendentemente da quanto profonda o superficiale sia la loro comprensione della verità, il modo più semplice di praticare l’accesso alla verità realtà è pensare agli interessi della casa di Dio in ogni cosa e abbandonare i propri desideri egoistici, gli intenti personali, le proprie motivazioni, l’orgoglio e il prestigio. Privilegiare gli interessi della casa di Dio è il minimo che si dovrebbe fare. Se chi compie un dovere non sa fare neppure questo, allora come si può affermare che lo sta compiendo? Quello non è compiere il proprio dovere. Per prima cosa dovresti pensare agli interessi della casa di Dio, tenere in considerazione la Sua volontà e il lavoro della chiesa. Metti queste cose prima di tutto; soltanto in seguito puoi pensare alla stabilità del tuo prestigio o a come gli altri ti considerano. Non trovate che sia un po’ più facile dividere tutto in due passaggi e accettare qualche compromesso? Praticando così per un po’, arriverai a sentire che soddisfare Dio non è così difficile. Inoltre, dovresti essere in grado di ottemperare alle tue responsabilità, adempiere ai tuoi obblighi e al tuo dovere, e mettere da parte i tuoi desideri egoistici, i tuoi intenti e le tue motivazioni; dovresti avere riguardo per la volontà di Dio e porre al primo posto gli interessi della Sua casa, il lavoro della chiesa e il dovere che devi compiere. Dopo aver sperimentato ciò per qualche tempo, capirai che questo è un buon modo di comportarsi. È vivere in maniera retta e onesta, e non essere una persona abietta e vile; è vivere giustamente e onorevolmente anziché essere spregevole, abietto e un buono a nulla. Ti renderai conto che è così che una persona dovrebbe agire e che quella è l’immagine che dovrebbe vivere. Il desiderio di soddisfare i tuoi interessi si affievolirà a poco a poco(La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Libertà e liberazione si possono guadagnare solo eliminando la propria indole corrotta”). Le parole di Dio mi hanno offerto una via di pratica. Gli interessi della chiesa devono venire al primo posto nello svolgimento dei nostri doveri. Dobbiamo accettare il controllo di Dio e concentrarci sulla ricerca della verità, mettere da parte la reputazione, il prestigio e gli interessi personali, e salvaguardare il lavoro della chiesa sotto ogni aspetto. È l’unico modo per agire in linea con la volontà di Dio e vivere sinceramente e con onore. Avevo sempre creduto che partecipare al processo decisionale per il lavoro della chiesa avrebbe ritardato il mio lavoro, ma era un’idea assurda. Infatti, se ci si concentra sulla ricerca delle verità principi, se si rispettano le priorità e ci si occupa dei compiti essenziali, il lavoro non subisce ritardi. Inoltre, se si prende parte al processo decisionale si comprendono più principi, recando beneficio a sé stessi e al proprio dovere. La casa di Dio dispone che ogni chiesa elegga dei leader corresponsabili del lavoro in modo che ciascuno possa completare, supervisionare e tenere sotto controllo l’altro. Specialmente in alcune questioni complesse in cui la decisione spetta a loro, questo permette di evitare che vengano prese decisioni arbitrarie e che venga manifestato uno scarso discernimento, arrecando così un danno al lavoro della chiesa, mentre io nello svolgere un dovere così importante ero stato negligente. Ero veramente indegno di fiducia e meritavo di essere sollevato dall’incarico e scacciato. Quando l’ho capito, ho deciso che, da quel momento, che una cosa ricadesse o meno sotto la mia responsabilità non sarebbe stato irrilevante: se faceva parte del lavoro della chiesa o aveva a che fare con i suoi interessi, significava che era una mia responsabilità e un mio dovere, e che avrei fatto del mio meglio per tutelare il lavoro della chiesa.

In seguito sono stato nominato leader di un’altra chiesa. Sapevo che era Dio che mi esaltava. Sebbene fossi stato egoista e spregevole, la chiesa mi assegnava di nuovo un dovere così importante. Ho giurato di essere corretto, di non pensare egoisticamente solo al mio lavoro. Ero uno dei tre leader di quella chiesa, e ognuno di noi era responsabile di una parte del lavoro. Ho visto che nel lavoro di cui ero stato incaricato c’erano molte cose che non capivo e che le avrei imparate solo dedicando tempo e impegno. Ogni giorno ero sommerso di lavoro e a volte mi sentivo a corto di tempo. Un giorno una sorella con cui lavoravo è venuta a chiedermi di aiutarla a risolvere alcuni problemi. Mi sono detto: “Pochi giorni fa, una mia leader ha esaminato il mio lavoro e ha riscontrato delle mancanze. Il mio tempo è così prezioso. Se aiutarla comportasse un ritardo nel mio lavoro e di conseguenza non ottenessi risultati, cosa penserebbe di me la leader? Direbbe che sono un incompetente e non so svolgere lavoro concreto? Verrei nuovamente sollevato dall’incarico?” A quel pensiero, mi sono reso conto che badavo di nuovo alla reputazione e al prestigio, che il lavoro della chiesa è un tutt’uno e io non posso scinderlo. Se mi occupassi solo delle mie responsabilità e trascurassi tutto il resto, non significherebbe agire in modo egoista e spregevole, salvaguardare solo il mio tornaconto? Non potevo farlo. Dovevo tralasciare i miei interessi e collaborare con quella sorella per risolvere i problemi della chiesa. Perciò ho accettato di aiutarla a gestire quei problemi. Così facendo mi sono sentito in pace e ho assaporato la libertà che deriva dalla pratica della verità. Essere destituito è stato doloroso, ma mi ha dato anche una preziosa lezione e una consapevolezza concreta dell’indole giusta e inoffendibile di Dio. E ho in parte corretto i miei pregiudizi e la noncuranza con cui affrontavo il mio dovere. Ringrazio Dio di avermi salvato.

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